La Legge Cirinnà presenta degli aspetti di incostituzionalità perché discriminerebbe i genitori gay. Sembra paradossale visto che nasce proprio per dare un riconoscimento giuridico alle coppie omosessuali!

A sollevare la questione non sono le associazioni LGBT ma i giudici del tribunale di Venezia, che hanno rimesso i loro dubbi nelle mani della Corte costituzionale, con un ricorso destinato a segnare il futuro di moltissime famiglie formate da persone dello stesso sesso.

Il caso nasce da una coppia di mamme che dopo essersi rivolte alla fecondazione assistita con donatore anonimo, da cui è nato un bimbo, hanno chiesto al comune di Venezia di iscrivere entrambe nell’atto di nascita; l’ufficiale di stato civile però ha voluto indicare il piccolo come “nato dall’unione naturale con un uomo, non parente né affine” con la partoriente, dandogli solo il cognome di quest’ultima. La coppia ha quindi fatto ricorso al tribunale di Venezia chiedendo che venisse dichiarato illegittimo il rifiuto opposto dal Comune e ordinasse all’ufficiale giudiziario di rettificare l’atto di nascita.

I giudici hanno deciso di andare in fondo alla questione, risolvendola alla radice: con una lunga e articolata ordinanza, ha rimesso la questione nelle mani della Consulta ritenendo che la Legge Cirinnà e il Decreto del presidente della Repubblica, che disciplina l’ordinamento dello Stato civile, contengano disposizioni incostituzionali. 

i giudici sottolineano inoltre che precludendo agli omosessuali uniti civilmente la possibilità di essere indicati entrambi come genitori nell’atto di nascita, la legge attuale “pregiudica i diritti inviolabili della persona, quali quello alla genitorialità e alla procreazione, discrimina i cittadini per il loro orientamento sessuale e in considerazione delle condizioni patrimoniali della coppia”, visto che, se il bambino nasce all’estero, la trascrizione di entrambi i genitori nello Stato civile è ormai automatico. Questo spinge molte coppie a portare a termine la gravidanza fuori dall’Italia.

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